Il terrorista, lui guarda
Versi di Wisława Szymborska, da “La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009)”, a cura di P. Marchesani, edizioni Adelphi.
[Un grande cartellone con orologio digitale (inizialmente sulle 13:16:00) sovrasta la scena. A. entra da un lato; mentre parla si guarda attorno, cammina su e giù, si strofina le mani guantate per combattere il freddo.]Voce fuori campo (distorta da un altoparlante, come in stazione): La bomba esploderà nel bar alle tredici e venti.
A. (guardando in alto, colloquiale): Adesso sono appena le tredici e sedici.
Alcuni faranno in tempo a entrare,
alcuni a uscire. (annuisce)
Il terrorista ha già attraversato la strada. (si appoggia al cartellone con la schiena)
Questa distanza lo protegge da ogni male, (mette le mani nelle tasche del cappotto)
e poi la vista è come al cinema: (si accomoda meglio)
Una donna con il giaccone giallo, lei entra.
Un uomo con gli occhiali scuri, lui esce. (inclina la testa in un saluto)
Ragazzi in jeans, (sembra ascoltare) loro parlano.
(si volta, guarda in alto, sospira) Le tredici e diciassette e quattro secondi. (si agita, cammina su e giù)
Quello più basso è fortunato e sale sulla vespa, (alza la mano in un saluto)
quello più alto invece entra. (alza le spalle)
(ormai impaziente) Le tredici e diciassette e quaranta secondi.
(incantato) La ragazza, lei cammina con un nastro verde nei capelli.
(si blocca, deluso) Ma quell’autobus d’improvviso la nasconde.
(alzando la testa di scatto) Le tredici e diciotto. (ricontrolla)
(mormorando) La ragazza non c’è più.
(più forte, spietato) Se è stata così stupida da entrare, oppure no,
si vedrà quando li porteranno fuori.
(di nuovo colloquiale) Le tredici e diciannove.
Più nessuno che entri, pare.
(lascia cadere le mani, esasperato) Invece esce un grassone calvo.
Sembra che si frughi nelle tasche e
(parlando velocissimo) alle tredici e venti meno dieci secondi
(beffardo) rientra a cercare quei suoi miseri guanti.
(trionfante) Sono le tredici e venti.
(distaccato) Il tempo, come scorre lentamente.
(sovrappensiero) Deve essere ora.
(teso) No, non ancora.
(sussurrando) Sì, ora.(il sipario nasconde velocemente la scena)
(gridando) La bomba, lei esplode.
[Un boato scuote la sala, mentre il sipario si gonfia, svolazza e infine ricade.]Letture correlate:
- Stefano Benni, “Bar sport duemila”, “Il bar di una stazione qualunque”/“Il bar della stazione”;
- Gian Pietro Testa, “Antologia per una strage - Bologna 2 agosto 1980”, ad es. poesie n. 83 e 84.
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