Post delle domande consuete
Ci vorrebbe un preambolo, ma non credo serva davvero. Minime osservazioni generali a partire da tre domande, che chiunque sia stato male - in una spirale di pensieri ossessivi o in una situazione percepita senza uscita - conosce probabilmente benissimo. E sì, il titolo è rubato a Guccini, ma la canzone è senz’altro più bella.
“Perché?”
La domanda dell’indagine per eccellenza, comunque la si voglia porre, dovunque si voglia arrivare. La conosciamo tutti: pronunciata con insistenza, curiosità, timore, nel tentativo spesso vano o perfettibile di capire.
E che può anche rimanere appesa, a una risposta che non verrà mai, o che non importa più.
Come scriveva Douglas Adams: “è sempre la domanda cui è più difficile rispondere. Sappiamo che cosa dire quando qualcuno ci chiede: «Che ora è?» o: «Quando avvenne la battaglia del 1066?» o: «Come mai le cinture di sicurezza diventano così strette quando freni, babbo?». Le risposte sono facili e sono, rispettivamente: «Le sette e mezza di sera», «Alle dieci e un quarto di mattina» e «Non fare domande stupide».
Ma quando sentiamo quella parola, “Perché?”, capiamo di trovarci davanti ad alcune delle principali domande senza risposta, come: «Perché siamo nati?», «Perché moriamo?», «Perché passiamo tanta parte del tempo che intercorre tra una cosa e l’altra a ricevere stampe pubblicitarie?».”
“Che importanza ha?”
La domanda dell’amarezza o dello scoraggiamento. Ammesso che il punto interrogativo non si smarrisca, sfinito, per strada.
Si affaccia un giorno, si fa viva di quando in quando. Oppure diventa una costante. La sua retorica è spietata: nessuna risposta può sopravvivere, fintanto che lei esiste.
Non chiedetemi cosa la faccia arretrare, non lo so. Forse, ma è solo una speranza, qualcosa che sorprenda e scompigli ogni premessa, ogni proiezione su un futuro già visto, da cui una simile domanda prende corpo. Un imprevisto con la forza di un miracolo, su per giù.
“Perché no?”
La domanda del nulla osta, quando non si attende davvero una risposta. Un po’ il contrario della precedente: dove l’altra cassa tutto, questa lascia passare… e perché non dovrebbe?
Eppure, considerarla propositiva è un errore. Sarebbe bello, se fosse sempre così.
A volte, come dicevo all’inizio, ci si continua a chiedere perché, restando appesi a una risposta che non verrà mai.
Ma, forse, la domanda appropriata è quest’altra; e l’evidente assenza di risposte risposta essa stessa.
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