…non ci intendiamo mai!
Non so quando, di preciso, ho smesso di aver fiducia nelle parole. Nell’esprimermi, se preferite.
Sono anni ormai. Come sono anni che penso questo post.
Può sembrarvi strano, ma è così. Sì, a volte riesco, ma sono perlopiù battute, irrilevanze, fatti dimenticabili. Quando, raramente, parlo sul serio, non si contano le volte in cui non riesco a farmi capire. E più cautela ci metto, più quel che voglio dire, o l’intento con cui lo faccio, diventa sfuggente, nebuloso, fraintendibile. Nonostante sia piuttosto sensibile alle sfumature della comunicazione, non ricordo, davvero non ricordo, l’ultima volta in cui mi sono buttato in una discussione, per districarla, o dibattere, botta e risposta, un qualsiasi argomento su cui fossi sicuro di saperne abbastanza. E mi scoraggia, ancora di più, che questo, le poche volte che non rinuncio a pronunciarmi, possa portarmi a quella malattia che è l’esposizione senza dialogo.
Sicuramente, in qualche misura, c’entra anche l’incontro col vuoto sotto le parole. Non mi riferisco ai sentimenti, alle classiche “parole vuote”; no, intendo le parole usate per descrivere esperienze, luoghi, paesaggi, le realtà effettive. Arrivare a percepire un vuoto sotto può essere allucinante. E ho già detto una volta d’esser fatto all'80% di letture.
Ovviamente, dubito si sia capito qualcosa.
P.S.: trovata in seguito:
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!”
(L. Pirandello)
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