Prendere le misure al pianeta
(o di curiosità terrestri e fisici molesti)
Ieri, come ormai da troppo tempo, stavo studiando fisica (aspettate un secondo a scappare 😛). Riguardando l’esperimento di Cavendish e cercando informazioni in merito, mi è tornata in mente una curiosità di astronomia, udita alle superiori. Probabilmente il nome “Eratostene” vi dice qualcosa…
Nato intorno al 276 a.C. a Cirene (nell’odierna Libia), Eratostene fu direttore della biblioteca di Alessandria, nonché matematico, astronomo, forse saggio… cioè, volevo dire, filosofo, poeta, storico e geografo. Insomma, un genio (con un sacco di tempo a disposizione).
Uno dei motivi per cui è ricordato (oltre al suo crivello per il calcolo dei numeri primi), è l’esperimento condotto attorno al 230 a.C., col quale tentò di stimare la circonferenza del pianeta (e quindi il diametro e il raggio terrestri). Tecnologie utilizzate? L’ombra proiettata dal sole durante il solstizio d’estate su due “gnomoni” (due bastoni piantati verticalmente in un terreno pianeggiante), rispettivamente ad Alessandria d’Egitto e a Siene (oggi Assuan), e i poveri cammelli usati per coprire in 5 giorni la distanza stimata di 5000 stadi fra le due città. Per sapere come tutto questo si concateni mirabilmente con successo e sia stato occultato dal gomblotto terrapiattista, vi basterà leggere il prossimo romanzo di Dan Br… cioè, scusate, ad esempio qui, quo, o qua. 😛
Insomma, anche tralasciando le approssimazioni di conversione da stadi a metri, il nostro ricavò, fra le altre, una misura del diametro terrestre di 12629 km, inferiore soltanto di circa 113 km a quella oggi accettata (come media), e cioè ancora un raggio di 6314,5 km, contro gli odierni 6378,388 e 6356,988 km dei raggi equatoriale e polare. Not bad! 🤝
Anche Cavendish merita due parole, non tanto per l’esperimento, che potete trovare descritto ovunque, quanto per il personaggio.
Nato nel 1731 già ricco e aristocratico, Henry Cavendish ci aggiunse di suo una personalità ossessiva, timida ed eccentrica; vestiva fuorimoda di cinquant’anni e temeva le donne e la compagnia in generale, tanto da passeggiare la notte per non essere visto dai vicini, e usare una scala esterna - installata appositamente - per evitare la servitù. Non contento, trasformò gran parte di casa in laboratorio, lasciando un risicato spazio abitativo (e io mi immagino le sue crisi quando bisognava spolverare… 😄).
Visto poi che Newton, pubblicando la sua legge di gravitazione universale nel 1687, non si era occupato di quisquilie come il calcolo della costante G o della massa della Terra, ecco che, fra il 1797 e il 1798, Cavendish si propose di misurare la densità di quest’ultima, e cioè, nientemeno, di pesare il pianeta (con una bilancia detta di torsione). L’idea e la strumentazione iniziale non erano originali, in realtà, ma venivano da un abbozzo di tentativo fatto dal geologo reverendo John Michell per la Royal Society già dal 1783. Ma il nostro trovò tutto terribilmente approssimativo, e, da bravo perfezionista, ricostruì e modificò più volte l’intera apparecchiatura, la collocò in una stanza chiusa e buia per evitare correnti d’aria e differenze di temperatura, quindi utilizzò un sistema di carrucole per muovere i pesi dall’esterno e un telescopio per osservare il tutto da una finestra. Insomma, chissà quanto si sarebbe divertito col controllo remoto sui computer di oggi.
Ah, ovviamente riuscì nell’impresa (e ci scrisse su solo 57 pagine), ottenendo una densità di 5,48±0,033 volte quella dell’acqua, contro il valore odierno di 5,518 g/cm^3. In realtà pare che sia arrivato fino a 5,448±0,038, ma che abbia commesso un errorino di aritmetica nell’articolo di documentazione finale (dai Henry, ti pareva il momento… c’eri quasi, comunque).
Un’ultima curiosità, sempre a proposito di raggi e masse/pesi. Spulciando quei 7 o 8 siti per scrivere questo popo’ di post, mi son imbattuto in un’interessante riflessione sull'insegnamento della fisica, fatta da una professoressa di un liceo scientifico (di Sesto Fiorentino, ché il mondo è piccolo). Fra le varie considerazioni, assai condivisibili, c’è scritto questo:
“Allo stesso modo, proponendo un’immagine famosa dal testo “Il Piccolo Principe”, gli studenti si sono trovati in difficoltà, o per lo meno hanno espresso disagio, nel dover scegliere un valore per il raggio dell’asteroide (ai fini di determinare il peso del Piccolo Principe). Tale disagio si ricollega alla scarsa abitudine a misurare e alla lontananza di senso pratico e manualità dal nostro modo di fare scuola, a cui abbiamo già accennato.
E ancora un’osservazione sui numeri come risultati di un calcolo; nasce ancora disagio, disorientamento negli studenti se si chiede loro di commentare un risultato ottenuto: il fatto che il peso del Piccolo Principe sul suo asteroide B612 risultasse diecimila volte più piccolo di un Newton ha lasciato gli studenti completamente indifferenti! Evidentemente a loro i numeri non parlano.”
…e manco a me, in verità, a parte una generica perplessità. Ci ho pure provato, a ricavarne qualcosa, non sapendo i dati dell’asteroide B612 ma provando a sceglierne uno di cui fosse nota (meglio, riportata) l’accelerazione di gravità, ammesso di usare F=m*g e non la legge di gravitazione universale. Mi sarebbe piaciuto usare l’asteroide 8558 Hack, scoperto all’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese e dedicato a Margherita Hack, scomparsa il 29 giugno di due anni fa… o il 2009 TM8, con un diametro di 9 km e un periodo di rotazione di 43,2 secondi (che offre uno spunto per i 43 tramonti in un solo giorno)… ma, be’, spulciarsi la Wiki tedesca e i database NASA non è così semplice.
Insomma, è piccolo, e tanto ci basta. A proposito, con un giorno di ritardo, buon compleanno all'autore. 🙂
P.S.: la mia prima gatta in foto ovviamente non c’entra un chip, era solo per attirare l’attenzione e spammarvi Gattini per la Scienza. Ah, e spero non stiate sbadigliando anche voi. 😝
Postilla 2021
Nel 2015 parlavo di “controllo remoto sui computer di oggi”. Considerando la vita di Cavendish, fa una certa impressione, adesso, pensare invece allo smart working (senza volerlo necessariamente demonizzare, sia chiaro).
Parlando invece dei suoi risultati, non sono più sicuro di come interpretavo al tempo i valori che ricavò. Sospetto, ma prendete anche questo con le molle, che il valore più preciso, considerando anche l’intervallo d’incertezza, sia in realtà il primo, 5,48±0,033, e non il secondo, come sembro suggerire. Nonostante piccoli ritocchi qua e là, ho deciso, onestamente, di lasciare invariato quel paragrafo.
Infine, cercando un link da collegare all’asteroide 2009 TM8, scopro di averlo evidentemente confuso con qualche altra “roccia spaziale” ben più grande: il TM8, povero, è di soli 7 metri di diametro, e nell’anno del suo avvistamento è pure passato a salutarci.
L’avevo pur scritto che spulciarsi quei dati non era facile! 😉
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