# ./Album.sh

Se da me accetterai,

in dote, a corredo,

nei ricordi, in eredità,

Qualche giorno fa ho finito di leggere “L'altro capo del filo”, di Camilleri, l’ultimo uscito con protagonista Montalbano.

Tralasciando quel che si trova nella nota finale, che ho inavvertitamente visto prima della lettura, e che un po’ si avverte nel romanzo, sia in un dialogo sia in un dettaglio “sospetto”, c’è stata una cosa che mi ha fatto divagare un po'.

La rima in “osa”

si crede molto spiritosa,

a tratti pure coraggiosa,

Una sottile inquietudine io provo,

allorché, seduto al computer,

questo gira, e macina, e lavora…

Ci ritroveremo, sì, io credo,

ad una bancarella di libri inediti,

all’angolo fra quella via e un prato blu,

A volte è un dormedì,

a volte un anagramma,

a volte non si sa, ed è meglio così.

Spesso il male di Internet ho incontrato:

era il downstream strozzato che gorgoglia,

era l’incartocciarsi del valore soglia

ssthresh, era l’F5 strapazzato.

Del dì presente più caldo e afoso,

che parrà di tal spiaggia?

Che di quest’esami miei? Che di me stesso?

Tiriamo avanti su premesse ragionevoli, nell’attesa di qualcosa d’improbabile. Riusciamo a soffrire, e in anticipo, per la paura di un dolore, della manifestazione di un bisogno, della confusione che sappiamo quest’ultimo ci darà nello scinderlo da sentimenti e persone.

Pilastri occasionali ma fondamentali della sopravvivenza sono, fra gli altri, avere fiducia nel potere della parola (o mancare della percezione precisa, tagliente, della banalità o futilità delle proprie), e credere di poter fare una qualche differenza, per qualcuno o qualcosa.